Quel "manifesto di Avola" e quel ministro socialista "dimenticati"

A cura di:

Prof. Pietro Roccaro
Prof. Pietro Roccaro

I fatti di Avola, noti anche come eccidio di Avola, furono violenti scontri tra forze dell’ordine e manifestanti che ebbero luogo ad Avola il 2 dicembre 1968. Al culmine di una protesta contadina che aveva portato a uno scontro tra i manifestanti e le forze dell’ordine, la polizia reagì aprendo il fuoco ad altezza d’uomo, provocando decine di feriti e due morti, Giuseppe Scibilia e Angelo Sigona.

Quel "manifesto di Avola" e quel ministro socialista "dimenticati".
Contrada Chiusa di Carlo ad Avola dove si svolse lo scontro tra braccianti agricoli e la polizia.
Contrada Chiusa di Carlo ad Avola dove si svolse lo scontro tra braccianti agricoli e la polizia.

In quei giorni era in corso un’ondata di scioperi organizzati dai lavoratori agricoli (i “campagnoli”) della provincia di Siracusa per chiedere l’eliminazione delle “gabbie salariali”, del “caporalato”, e l’istituzione della Commissione sindacale per il Controllo del Collocamento della manodopera. Il giorno dell’eccidio, il 2 dicembre 1968, i lavoratori agricoli in sciopero misero in atto un blocco per impedire il transito sulla Strada statale 115 che consentiva, allora come oggi, l’entrata e l’uscita al paese. Questa azione provocò l’intervento delle forze dell’ordine.

La polizia ordinò ai manifestanti di liberare la strada, ma ottenne in risposta un rifiuto e lo scoppio di una rivolta. La polizia cominciò a sparare ad altezza d’uomo e i proiettili colpirono a morte due persone, Giuseppe Scibilia, quarantasettenne di Avola, e Angelo Sigona, ventinovenne di Cassibile. Altre quarantotto rimasero ferite, di cui cinque in modo grave. Gli scontri (da un lato la polizia armata di mitra e pistole, dall’altro i manifestanti con pietre che venivano staccate dai muretti ai bordi della strada) furono molto brevi, ma assai violenti. Dopo questi fatti, fu conclusa una rapida trattativa.

I tragici avvenimenti di quei giorni furono la scintilla che fece divampare alcune rivolte studentesche e operaie che si estesero, nelle settimane successive, a tutto il territorio nazionale, nell’ambito dei movimenti di massa del Sessantotto.

Per l’eccidio di Avola perde il posto solo il questore, il prefetto no. Sandro Pertini, presidente della Camera espresse la sua preoccupazione di un contagio nazionale. Infatti nell’aprile del 1969 nello sciopero di Battipaglia, morirono due manifatturieri (dello zucchero e del tabacco). Fu l’ultima volta in cui venne consentito alle forze dell’ordine l’uso delle armi contro i manifestanti.

Pier Paolo Pasolini scrisse che ad Avola si era consumata una lotta di poveri contro poveri ( i poliziotti e i braccianti agricoli, provenienti entrambi dal medesimo ceto sociale povero e sottoproletario) realizzata ad hoc dal Potere che preferiva non sporcarsi direttamente le mani con il sangue dei manifestanti ma delegava alle forze di polizia tale compito infame in nome del rispetto della legge e del ripristino dell’ordine. I Braccianti (“campagnoli”) per un salario equo e dignitoso manifestavano e sfidavano le forze di polizia e, parallelamente, per uno stipendio di fame i poliziotti si scontravano con i braccianti e con gli studenti di Valle Giulia (“i figli di papà” come scriverà il Poeta che arrivò a definire “vero proletariato” i poliziotti).

Il 4 Gennaio 1969 ad Avola (SR), ad un mese esatto dei tragici eventi del 2 dicembre 1968 non tardò ad arrivare la solidarietà del Ministro del lavoro Socialista Giacomo Brodolini ai braccianti di Avola.

Giacomo Brodolini
Giacomo Brodolini

Brodolini dichiarava ai braccianti che avrebbe voluto che quella sciagura non si fosse verificata e che se si trovava ad Avola era per impedire che altre sciagure come quella potessero accadere ancora e, per la prima volta annunciò, con quello che  è ricordato come il “Manifesto di Avola“, le riforme del lavoro e un disegno di legge per varare lo Statuto dei lavoratori nell’impresa che garantisse i diritti della persona nei posti di lavoro. A tale scopo chiamerà Gino Giugni a presiedere una Commissione con l’incarico di elaborare in tempi brevi la proposta da sottoporre alle organizzazioni sindacali.

Il ministro socialista Giacomo Brodolini abolì le gabbie salariali. Per la sensibilità riformista decise di adeguare le leggi che regolano il rapporto del lavoratore, del datore di lavoro e della rappresentanza sindacale con il mondo del lavoro. Per questo incaricò il socialista Gino Giugni, già professore in Diritto del Lavoro, a realizzare la più grande riforma in materia: la Legge 300/70 (Fu la legge italiana più copiata al mondo). Lo Statuto dei Lavoratori fu approvato alla Camera con l’astensione del PSIUP e MSI e il PCI. I comunisti non votarono nemmeno al Senato abbandonando l’aula (la volevano migliorare, dichiararono).

Il ministro Brodolini morirà prima dell’approvazione della Legge, sostituito da democristiano Carlo Donat-Cattin.  Il PSI e anche la DC, agirono di grande intuito e prevenzione. 

 Giacomo Brodolini non vedrà lo Statuto dei Lavoratori perché morirà l’11 Luglio 1969, ma decisamente egli è il Padre dello Statuto dei lavoratori e Avola diverrà la scintilla di una stagione politica che, comunque la si riguardi a tanti anni di distanza, porrà fine all’intervento armato della polizia nei conflitti sindacali. Un intervento che dal 1947 ad allora aveva provocato quasi cento morti. Un elenco chiuso, appunto, dai nomi di Giuseppe Scibilia e di Angelo Sigona.

Per la strage di Avola non c’è mai stato un processo, non è mai stato individuato un colpevole.

A cinquantasei anni da quei fatti in seguito ai quali vi fu l’approvazione dello Statuto dei lavoratori e della legge sul disarmo delle forze dell’ordine durante scioperi e manifestazioni si invoca ancora giustizia per i due morti e per i 48 braccianti feriti.

Sarebbe ora quindi il momento di togliere il segreto alle carte sepolte negli archivi del Viminale per conoscere le responsabilità di quanto accaduto ad Avola quel tragico 2 dicembre del 1968 perché né la magistratura, né l’inchiesta amministrativa del ministero dell’Interno giunsero mai a delle conclusioni.

Pochi conoscono e sottolineano l’importanza della Carta di Avola tra Brodolini e i braccianti, Brodolini, già sofferente per un male incurabile, morirà 6 mesi dopo, ma manterrà con un lavoro durissimo tutto quanto ha promesso nel “manifesto di Avola”.

Onoriamo le vittime del 2 dicembre del 1968 e il Ministro Socialista Giacomo Brodolini.

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Di Staff

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